Le Proprietà Contese nel rapporto tra imprenditore e collaboratori

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La capacità di gestire le persone è diventata un fattore chiave per il successo di un’azienda. Ma, prima di poter gestire efficacemente un team, è fondamentale saper riconoscere le singole personalità, sapendo individuare chi sono i collaboratori vincenti e che sposano le mete dell’azienda da quelli che invece sono concentrati solo sul proprio tornaconto personale o ancora da quelli che vedono il lavoro solo come un pesante dovere e apportano solo il minimo sforzo. L’arte, quindi sta nel riconoscere e valorizzare le diverse sfumature di talento e etica che ogni individuo porta in azienda.
Solo un imprenditore che sa gestire le persone in modo differenziato e valorizzare le loro diverse qualità, crea un ambiente di lavoro positivo e produttivo, garantendo la stabilità dell’azienda e ottenendo un successo a lungo termine.

Un imprenditore non può permettersi di ignorare queste due dimensioni:

Bravura – indica la competenza, la capacità tecnica e la performance di un collaboratore.
Etica – riguarda la moralità, l’integrità e l’affidabilità di un collaboratore.

Solitamente, in azienda, ci si può trovare in situazioni di questo tipo:

Collaboratori altamente bravi ed etici: sono la risorsa più preziosa in un’azienda. Hanno bisogno di sfide, autonomia e responsabilità. Un imprenditore dovrebbe delegare incarichi impegnativi, investire nella loro crescita professionale e offrirgli opportunità di leadership. La loro lealtà e il loro impegno meritano riconoscimento e incentivi.

Collaboratori bravi ma con dubbi etici: qui la situazione è più delicata. La bravura non deve essere un alibi per comportamenti scorretti. Bisogna intervenire con chiarezza e fermezza, stabilendo regole etiche ben definite. La trasparenza e la comunicazione sono essenziali per evitare conflitti e mantenere un clima di fiducia.

Collaboratori con etica ma scarsa bravura: il potenziale è presente, ma necessita di sviluppo. Bisogna investire nella formazione, fornire feedback costruttivi e creare un ambiente di supporto. La pazienza e la fiducia sono fondamentali per incoraggiare la crescita e la maturazione del collaboratore.

Collaboratori con scarsa bravura e dubbi etici: è una situazione complessa. La lealtà e la fiducia sono basse. Bisogna adottare un approccio deciso, riducendo le responsabilità e, in caso di necessità, procedendo con la separazione.

Quando una di queste situazioni si fa alquanto complicata e non sai come risolverla… sei una Proprietà Contesa con un tuo collaboratore.
Nel libro Aziende contese. Guida pratica per imprenditori su come trovare l’equilibrio tra mente e cuore nelle imprese familiari abbiamo individuato due categorie di Proprietà Contese che riguardano il rapporto tra un imprenditore e un collaboratore, le seguenti)

a) HAI UN COLLABORATORE “CAMPIONE” CHE NON SAI SE RIMARRÀ CON TE IN AZIENDA

Quando ci si trova in questa situazione, generalmente, si ha in azienda una persona davvero molto performante, un campione che “ti ha fatto svoltare.” Da quando c’è questa persona gli affari vanno molto bene, i clienti sono contenti, le statistiche sono in aumento e il team di persone che gestisce porta ottimi risultati. Il clima in azienda è apparentemente buono, tu sei momentaneamente tranquillo. Il punto è che, per definizione, il campione è una persona molto autonoma. Propone iniziative
e progetti, non ha bisogno di particolari direttive da parte dei suoi superiori, sa cosa deve fare e lo fa anche molto oltre le aspettative. Il campione è assai produttivo, ma è anche uno spirito libero, adatto a ricoprire ruoli di responsabilità e con forte ambizione. Quest’ultima, se non assecondata, rischia di demotivare il campione. Se si vede mettere troppi paletti tende a spegnersi o ad andare via dall’azienda, in cerca di orizzonti più rosei, adatti alla sua natura quasi imprenditoriale.

Tu nel tempo hai capito le sue potenzialità e l’hai lasciato fare, ma forse un po’ troppo. Ti sei dimenticato di gestirlo, di chiedergli come vanno le cose, se ha bisogno del tuo aiuto. Hai smesso di guardare le sue statistiche perché tanto era bravo e hai smesso di essere presente per i collaboratori che gestisce. Da un lato l’hai lasciato solo e dall’altro hai perso leadership. In sostanza, ti sei ritrovato a un punto in cui non sai nemmeno tu come hai fatto a ottenere successo in azienda. In pratica è come se avessi affidato a questo campione le sorti della tua attività, restando seduto sulla tua scrivania. A un certo punto quel campione ha capito che può fare a meno di te e, magari incitato anche da qualcun altro (collaboratori, colleghi, parenti, amici, ecc.), ha deciso di “minacciarti”. Ha fatto scacco matto. Per ogni cosa che va storta, il campione ti rinfaccia di averti portato al successo e minaccia di andarsene altrove. E tu…non sai come gestire la cosa!
Da una parte, sei affezionato, gli vuoi bene e sai che perderlo sarebbe un peccato anche dal punto di vista umano e non solo professionale. Dall’altra parte, hai paura che qualora dovesse andarsene, la tua azienda subirebbe un repentino arresto. Non hai lavorato per farti dare da lui delle procedure e dei mansionari, non hai idea delle azioni vincenti e/o perdenti che ha messo in campo negli anni per raggiungere i risultati che ha raggiunto. Hai perso il controllo delle sue azioni e, in certi casi, hai perso anche il contatto diretto con alcuni clienti. Hai lasciato che facesse tutto da solo, e basta. Lui è il vero titolare dell’azienda, è lui che conosce e gestisce le procedure, i numeri, i clienti e i collaboratori.

Questo caso è molto comune nel settore della ristorazione, quando il titolare decide di aprire un locale come puro investimento e magari di ristorazione non ne sa nulla. Lo fa come “sfizio” personale, investendo tra i 500.000 € e i 600.000 € per un ristorante di prestigio e poi, dato che non ne capisce nulla del settore, assume uno chef importante e gli dà in mano l’intera gestione del locale. Da quel momento la proprietà fisica è dell’imprenditore che ha messo i soldi, ma l’influenza reale sulle persone ce l’ha lo chef. Il quale, però, se non ha conoscenze imprenditoriali e manageriali, quando il titolare gli chiederà di aumentare le sue performance o di abbassare il foodcost, si sentirà in diritto di mandarlo a quel paese. Siccome storicamente trovare chef di alto calibro è raro, l’imprenditore in questione non si sentirà di lasciarlo andare via e si ritroverà a sottostare ogni volta alle sue decisioni e “minacce”. L’imprenditore avrà soltanto una cospicua somma di capitale investito, su cui però non ha alcun controllo.

b) HAI UNO S-COLLABORATORE IN AZIENDA

Quando l’imprenditore, ha uno s-collaboratore in azienda non fa nulla per allontanarlo, si trova in una proprietà contesa. A volte questo accade perché i primi effetti negativi causati dallo s-collaboratore sono per lo più di tipo intangibile (morale basso, preoccupazioni, dubbi, ecc.) e solo successivamente di natura tangibile (abbassamento delle statistiche, perdita di qualche cliente, perdita di qualche collaboratore, ecc.). Ma ricordati sempre che gli effetti tangibili sono la conseguenza di circostanze intangibili che hanno preso una piega storta.

Chi è uno s-collaboratore?

Lo s-collaboratore è una persona che agisce remando contro l’azienda e in modo non sempre così evidente. Infatti, lo s-collaboratore non è una persona che procura palesemente danni al tuo ufficio, ai tuoi clienti, a te o ai suoi colleghi, anzi, spesso è anche molto competente e abile nel suo lavoro. Le sue lacune sono più che altro attitudinali e di approccio. Lo s-collaboratore è quella persona che dice spesso che “non si può fare”, “non è possibile”, “è troppo difficile”, è una persona che si lamenta, che fa gossip e parla male degli altri. Di solito, chi gli sta vicino tende a perdere energia positiva, allegria ed entusiasmo.

Quando hai queste persone in azienda te ne accorgi prima di tutto pensando a come stai tu. Se dovessi avere uno s-collaboratore fra i tuoi manager, ti sentiresti costantemente scarico, demotivato, preoccupato e confuso. Avresti dei dubbi sui tuoi stessi sogni, ti sentiresti a poco a poco un buono a nulla o un illuso. Se, invece, avessi uno s-collaboratore al di sotto della tua prima linea vedresti che chi lo gestisce è esausto, confuso e meno produttivo del solito. In genere, tutta l’area in cui lavora avrà un calo importante sul suo rendimento.
Non è così facile mandare via le persone dalla propria azienda, ma uno s-collaboratore non può rimanere a lungo se vogliamo dedicare anima e corpo alla nostra attività e stare bene. Uno s-collaboratore, infatti, rischia di farti terra bruciata attorno. Chi passa molto tempo con lui finirà per dargli ragione oppure per andarsene. Questo non te lo puoi permettere!

Nella nostra carriera abbiamo visto più volte confondere uno s-collaboratore con un campione. E, in effetti, hanno in comune due caratteristiche fondamentali:

• sono entrambi molto competenti nel loro lavoro;
• hanno entrambi la capacità di influenzare gli altri.

La prima differenza è che lo s-collaboratore, anche se bravo tecnicamente, nel lavoro mette paletti e confini, fa notare continuamente i problemi e le difficoltà. Il campione sogna con te, ti dice che ce la farete, che siete pronti a tutto, che i tuoi progetti sono una gran figata e che presto li realizzerete.
La seconda differenza è che lo s-collaboratore influenza gli altri in modo negativo, portandoli giù di morale, facendo gossip e innescando malumori. Il campione è carica pura, motiva i suoi colleghi, agisce sull’onda del bene e dell’entusiasmo. Ora, gli s-collaboratori non sono persone cattive, questo non è un giudizio che compete a noi. Ognuno ha la sua storia di vita, il suo modo di reagire alle difficoltà, ma il loro modo di fare compromette i risultati dell’intero team.

Se hai uno s-collaboratore in azienda, finirai a essere gestito da lui, quando dovresti essere tu quello che lo gestisce. Questo accade quando iniziamo a formulare certi pensieri (“vabbè non siamo tutti perfetti, è normale avere qualche s-collaboratore in azienda”), oppure non diamo incentivi ai nostri uomini perché allo s-collaboratore non sta bene avere delle statistiche, oppure facciamo formazione facoltativa per non scontentare lo s-collaboratore che si lamenta di dover studiare in azienda. O ancora, non elogiamo e non facciamo crescere troppo gli uomini migliori per non causare rabbia o delusione nello s-collaboratore.

Invece che fare colloqui con le tue persone, passi un sacco di tempo con lo s-collaboratore per gestire tutto quello che non gli sta bene della TUA azienda. In pratica, le tue decisioni più importanti sono influenzate da una persona che rema contro l’azienda. Tu cammini sulle uova pur di non farlo alterare e ti comporti come se fossi sempre e costantemente sotto minaccia.

Titolari o manager in questa situazione spesso ci dicono:
Sì lo so che non va bene, MA in questo momento non posso mandarlo via…
Sì lo so che non va bene, MA talvolta fa anche delle cose buone…
Sì lo so che non va bene, MA sono io che devo migliorare…
Sì lo so che non va bene, MA è qui in azienda da vent’anni…

Tutte giustificazioni! Non continuare a nasconderti dietro frasi del genere e ascolta le tue emozioni: come ti senti? Noi ci siamo passati, quando arrivi a sentirti non idoneo nella tua stessa azienda c’è un grosso problema. Lo stesso se a sentirsi così è un tuo manager, che si trova a dover gestire uno s-collaboratore. Come sono le persone attorno a lui? Stanno vincendo, crescendo o migliorando, o piuttosto hanno alti e bassi continui? 

Fratelli Giordano – Aziende Contese


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